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Visualizzazione dei post da ottobre, 2007

Misty

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Nebbioso e sonnolento aspetta di essere svegliato dall’oblio.

Ritorni

un hinterland arrugginito, non l'ombra di chiese o castelli. è la civiltà nella sua riduzione più vile, quella che divora paesaggi e avvelena fiumi. da qualche parte c'è scritto pensa alla tua eternità, la dà per scontata. solo chi crede all'eternità può trascinarsi per la vita lasciando dietro a sé relitti della propria miseria. eppure li si vede contenti, ignari della sofferenza mentre trangugiano hot dogs. torneranno nelle loro casupole e il figlio più piccolo aspetterà alla soglia per abbracciarli sporco di fango e latte.
Oh, che mai viene sul mare oltre le secche e le mobili sabbie; e che mai giunge alla mia casa con lenta vela e vela veloce? Un vento viene sul mare con un lamento nella voce; ma nulla giunge alla mia casa con lenta vela o vela veloce. Lasciate, lasciatemi stare, che segnata è ormai la mia sorte; uguale m'è la terra o il mare, il veleggiare lento o veloce. ( Song di Christina Rossetti nella traduzione di Cristina Campo)

La bramata unitas di Pavese

Mentre era a Brancaleone, Pavese era ossessionato dall'unità del racconto. Finalmente, verso la fine del confino giunge alla conclusione che uno degli aspetti più importanti dell'unità in Omero è la ripetizione degli appellativi e dei versi ritornanti in ogni libro. Ho cercato di identificare gli elementi che successivamente ripeto quando scrivo ed ecco che Illusione - Svanimento - Morte - sono i concetti ricorrenti che maschero sotto altri nomi. C'è da pensare che l'ossessione di Pavese sia ricollegabile alla graduale disintegrazione del suo essere. E l'unità a una presunzione di eventualmente riuscire ad arginarla. La ricerca dell'unità è, nel mio parere, inutile perché impossibile. Ci si lascia la vita. In linea di massima si può ornare, si può pavesare l'esistenza in modo tale che talvolta gli altri contemplino una certa unità. Peraltro non siamo che un ammasso di ossa.
L'Artista secondo Pasolini
La tristezza dura una vita E sopravvive alla morte.
Le cornici vuote il caro viso mangiato dagli avvoltoi del tempo. Un didascalico Dioniso m’inoltra nel mistero della vigliacca vita mitra mite lite vite dalla quale spremerò sacre gocce e ungerò le mie membra spezzate spazialmente sposate col sole nero della magia oltremarina. Ma estatica ti aspetterò a Bisanzio e t’invocherò pur sapendoti tre volte morto.
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Il giorno che ti conobbi luce e suono si allinearono in un angolo perfetto . Ora tutto quanto di noi rimane non è che plastica, cartone, stoffe vecchie foto giallastre, canzoni avvelenate. Di me rimarrà solo Questo busto Dentro al quale c’era, prima, un corpo consacrato al rituale.

Viole del pensiero

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Le lacrime possono non solo solcarti il viso ma anche l’anima quali scoscesi fiumi di montagna che vanno a sfociare nel più limpido specchio del tuo essere. Nella lontananza diventeremo sempre più belli, ti dissi. Ormai sono diventata la più bella del villaggio. Ma quello che al mondo appare così affascinante è unicamente infinita tristezza. Tutte le cose sconfinate racchiudono alla fine una qualche bellezza e dunque una loro orridità.
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Les lits sont toujours plus pales que les mortes. Alla vigilia di tutto ciò che potè essere, nessuno saprà mai dire se la mia morte era già predestinata. O se prenata ero già desta per la morte. Gli occhi socchiusi sentono l’orrore della visione futura, la lucifera chiarezza della verità. Le mani tentano d’allacciarsi alla maniera dei morti, ma l’assurda volontà di vivere per riguardarmi dall’oltretomba le tiene sospese.